Diario di Lettura #1: di catastrofi prossime venture

Un diario di lettura

Oggi è la Giornata Mondiale della Terra. Ho deciso di celebrarla pubblicando il primo appuntamento di una nuova rubrica: un diario delle mie letture. La inizio perché vorrei che tutti i libri che mi passano sotto al naso non si perdano e, al tempo stesso, voi possiate ricevere alcuni consigli di lettura.

Ecco dunque il primo episodio, con tre libri che parlano, ognuno a modo proprio, di catastrofi prossime venture. Manco a farlo apposta, dato che oggi in tutto il mondo si parla di ambiente, clima, sostenibilità e cambiamento climatico…

Impegno preso.

I libri

Il primo. Non fatevi spaventare dal titolo filosofico.

Biopolitica della catastrofe
di Eva Horn (Mimesis, 2021)

Vi consiglio di tenere d’occhio la collana Katastrophé della casa editrice Mimesis. Nata da poco, la dirige Luca Mercalli. I titoli che sono usciti finora sono davvero notevoli, soprattutto per chi è interessato alle grandi sfide ambientali del 21° secolo. Mi sono avvicinato con grande curiosità ai tre saggi della filosofa tedesca Eva Horn raccolti in questo volumetto e sono stato ripagato. Sono davvero acuti e andrebbero letti senza alcun indugio da coloro che si occupano di Antropocene. Nei primi due si parla essenzialmente di narrazione e catastrofe. Come facciamo, si chiede Horn, a raccontare una catastrofe senza evento? Facciamo una fatica tremenda! Ho ragionato a lungo sul fatto che questo è verissimo, anche oggi che gli eventi, leggasi conseguenze del cambiamento climatico, sono evidenti e iniziano a cambiare le nostre vite, influenzando in modo netto il nostro futuro e quello delle generazioni a venire. Lo si dice in realtà da diversi anni, ma anche oggi che il macro-evento è arrivato (la pandemia), non si fa altro che parlare della ripresa dello status quo, del business as usual. Ad ogni modo, fra i tre saggi il più sorprendente è di sicuro l’ultimo, quello in cui la filosofa esplora gli incidenti che avvengono agli oggetti (siano questi frullatori o centrali nucleari). Come possiamo prevederli? Raccontando storie. E qui inizia una curiosissima e davvero sbalorditiva (non avevo mai letto nulla del genere!) analisi dei processi che regolano la safety degli oggetti, di cui si occupano enti e organizzazioni. Se vogliamo vedere un minimo il futuro che ci attende, e addestrarci a raccontarlo, forse dovremmo andare a vedere come lavora chi redige i piani di sicurezza di una centrale nucleare.

Ecco la safety di cui parla Eva Horn (ma vale anche per il vostro frullatore).

Ed ecco una bella frase tratta dall’ultimo saggio che dovremmo stampare a caratteri cubitali e appendere in ogni ufficio, in ogni casa, in ogni industria, in ogni centrale nucleare, in ogni automobile:

«Non l’ampiezza dell’incidente, bensì la combinazione di eventi conduce alla catastrofe».

Eva Horn

Ricordate Fukushima? Ecco. Ma passiamo al secondo volume.

Atlante dell’Antropocene
di Francois Gemenne e Akeksandar Rankovic (Mimesis, 2021)

Non so voi, ma a me mancano un sacco quei libroni che leggevo (osservavo forse è più adatto) da ragazzino. Avete presente? Quei libroni cartonati che quando li aprivi ti restituivano il mondo e la sua complessità. Che parlassero del Medioevo o dello Spazio, erano in grado di offrire una vastissima gamma di informazioni, e di curiosità. Ed era splendidamente illustrati, con fotografie, grafici, schemi e mappe. Finalmente un libro mi ha permesso di recuperare la gioia di quelle letture adolescenti. Il tema è, manco a dirlo, l’Antropocene. Condensati dentro all’Atlante dell’Antropocene, che è chiuso da una postfazione di Bruno Latour, ci sono tutti i grandi problemi con cui stiamo già facendo i conti: innalzamento del livello dei mari, deforestazione, overpopulation, inquinamento, cementificazione… insomma, c’è tutto. Completo, bello e funzionale, questo volume è una sorta di bignami del mondo di domani (oggi), comodo per andare a pescare dati e andamenti per ricerche e articoli divulgativi. Penso sia perfetto per le scuole. Anzi, dovrebbe diventare una sorta di libro-compagno per ogni insegnante, non soltanto di scienze, di modo che in ogni classe ci sia sempre un campionario del labirinto atroce in cui ci stiamo ficcando un anno dopo l’altro.

E poi il terzo.

Essendo un Einaudi questo volumetto è bianco. Non capisco questa strana sfumatura rosa. Ignoratela.

La letteratura ci salverà dall’estinzione
di Carla Benedetti (Einaudi, 2021)

Da qualche anno ormai alcuni fra scrittori, scienziati e studiosi si chiedono perché mai la più grande sfida che l’umanità dovrà affrontare nel 21° secolo, cioè il cambiamento climatico, non è soggetto, protagonista, ambientazione e forma della maggior parte dei romanzi e delle altre opere artistiche. Se è così importante e ci minaccia così da vicino, perché gli scrittori non ne scrivono, gli sceneggiatori non ne sceneggiano e gli artisti non ne arteggiano? Se qualche anno fa se lo chiedeva Amitav Ghosh in quel bel saggio che è La Grande Cecità (Neri Pozza), oggi se lo chiede anche Carla Benedetti, nel suo libriccino La letteratura ci salverà dall’estinzione, che Einaudi ha pubblicato in quella bella collana, piccola e più che tascabile, intitolata le Vele. Il succo è sempre lo stesso (perché non ne scriviamo? siamo sicuri che letteratura e immaginazione possano davvero aiutarci? se sì, come?), ma i riferimenti sono diversi dai soliti, si va da Gunther Anders, filosofo da riscoprire, a Pasolini, passando anche per Moresco. Un paio di suggerimenti da tenere a mente ci sono: 1) leggere libri “ibridi” e 2) puntare alla pancia e alla gola, suscitando emozioni che difficilmente un freddo report scientifico potrà evocare.

Vi riporto un passaggio tratto da Lo sbrego di Moresco, che l’autrice pone a chiusura del volume:

«La filosofia non pensa. Il pensiero separato non pensa, non può pensare. Non può farlo dentro questa struttura selezionata che viaggia verso separazione ed esclusione. Il pensiero deve inciampare per poter ricominciare a pensare, deve cadere con la faccia a terra per poter ricominciare a sfigurare e a pensare».

Antonio Moresco

Il pensiero deve inciampare per poter ricominciare a pensare.

Il link

Per stimolare la vostra riflessione sul concetto di catastrofe vi lascio qui un video pubblicato da Internazionale. Il soggetto del documentario è la vita delle persone che sono cresciute nelle regioni che confinano con il poligono nucleare di Semipalatinsk, nell’odierno Kazakistan. Qui i sovietici fecero esplodere centinaia di bombe atomiche (davvero tante, oltre 400) negli anni della Guerra Fredda. Le conseguenze di questa catastrofe sono ancora oggi ben visibili nei volti degli abitanti di quelle terre, nei cimiteri delle cittadine in cui vivono, nelle storie degli anziani, che devono seppellire i loro figli anzitempo.

Buona Giornata della Terra a tutti quanti.

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