Ho conosciuto Matteo Meschiari leggendo il suo libro Artico Nero (pubblicato da Exòrma Edizioni, qui). Matteo insegna antropologia e geografia all’Università di Palermo. Gli interessano molti argomenti: il paesaggio in letteratura, la wilderness, l’atto del camminare, lo spazio percepito e vissuto presso varie culture indigene. Inoltre, spesso parla della forza delle storie, dell’importanza delle tradizioni e della memoria. E, ovviamente, ha sempre un occhio rivolto alle condizioni disastrose del pianeta in cui viviamo. Mi piacciono i suoi libri e mi piace come scrive. Mi piace la sua visione nera, sebbene spesso io non riesca a condividerla appieno.
Per esempio, mi è piaciuto moltissimo come ha chiuso l’intervista che Paolo Risi gli ha fatto per Zest (la trovate per intero qui) qualche mese fa.
Nel Paleolitico era durissima. Ma attenzione. l’uomo dell’Era glaciale non si è salvato grazie alla tecnologia che ha saputo sviluppare, ma dipingendo bisonti sulle pareti di una grotta. Non si è salvato mangiando quel bisonte, ma raccontandolo.
Per cui, quando Silvia Bellucci dell’ufficio stampa di Exòrma mi ha chiesto di leggere in anteprima Neghentopia, la sua storia postapocalitta (qui, e in libreria dal 23 novembre), non ci ho pensato su due volte. Mi sono trovato fra le mani un testo ibrido, ricco di illustrazioni splendide (realizzate da Rocco Lombardi) e raccontato in modo particolare (un po’ sceneggiatura, un po’ storyboard). Ho colto al volo l’occasione di parlarne su Cultweek (grazie a Giuseppe Carrara; obbligato!), facendo anche qualche domanda all’autore, che ora si trova a nord, alle isole Fær Øer. Buona lettura.