L’idea: addomesticare volpi
La domesticazione del cane a partire dal lupo selvatico ha richiesto migliaia di anni. Oggi sappiamo che è avvenuta fra i 25000 e i 40000 anni fa. È stata un evento cruciale nel percorso di Homo sapiens, dato che ha migliorato le condizioni di vita dei nostri antenati: grazie ai cani le comunità cacciavano meglio, erano più al sicuro e col tempo riuscirono a domesticare anche altre specie. Addomesticare il lupo ha, in breve, aperto la via alla rivoluzione neolitica, cioè il passaggio da una società di raccoglitori e cacciatori a una società di allevatori e agricoltori stanziali.
Negli anni ’50 del Novecento uno zoologo russo si è chiesto se non si potesse provare a ricreare artificialmente questo processo di domesticazione, sfruttando quel processo noto come selezione artificiale. Il candidato ideale era la volpe, nonostante ci siano comunque delle differenze fra le due specie (la socialità prima di tutto; il lupo è una specie sociale, la volpe solitaria). Dopo aver ottenuto il via libera, Dmitrij Beljaev mise a punto un esperimento che per risultati e continuità (dura tuttora) è stato definito dal “New York Times” l’esperimento più strabiliante mai condotto nel campo dell’allevamento animale. Al suo fianco prese la bravissima etologa Lyudmila Trut. L’esperimento prese il via nel 1959 in Siberia; gli allevamenti di volpi da pelliccia fornirono gli animali necessari per le prime fasi dello studio. Uno degli obiettivi principali dello studio era rispondere a questa domanda: il comportamento ha una base genetica oppure no?

I risultati e il libro
L’esperimento condotto in Siberia si basava su un procedimento semplice: incrociare fra loro le volpi che si mostravano più mansuete e che non erano troppo aggressive nei confronti dell’uomo. Beljaev e Trut, insieme a molti aiutanti, effettuarono moltissimi incroci nel corso dei decenni, ottenendo ben presto dei risultati strabilianti. Col passare delle generazioni, nelle volpi iniziarono a comparire tratti fisici e comportamentali tipici degli animali addomesticati. Le volpi erano più piccole e tonde, i loro musi meno appuntiti e spigolosi. Quando si trovavano in compagnia degli esseri umani, non erano aggressive, anzi, cercavano il contatto e addirittura abbaiavano in presenza degli estranei che non conoscevano. Si stavano lentamente trasformando in qualcosa di diverso dalle volpi selvatiche, in animali abituati alla compagnia umana e capaci di sfruttare il legame con gli esseri umani a proprio vantaggio.
Pur dovendo attraversare periodi difficili, dovuti alla chiusura del mondo sovietico, Beljaev e Trut sono riusciti a far proseguire l’esperimento fino a oggi (Baljaev è morto negli anni ’80, ma Trut continua a supervisionare l’esperimento). Hanno dimostrato che il comportamento animale ha una base genetica, ma dipende anche dalle condizioni in cui gli animali sono cresciuti. Oggi il loro sforzo scientifico è conosciuto in tutto il mondo e le volpi addomesticate sono una prova incredibile dell’efficacia della selezione artificiale.

Finora questa storia era sempre stata raccontata in articoli e approfondimenti scientifici. Oggi, per fortuna, abbiamo un libro che la ripercorre dall’inizio alla fine. È stato scritto dalla stessa Trut e dal biologo e saggista Lee Alan Dugatkin: Come addomesticare una volpe (e farla diventare un cane), in libreria per Adelphi Edizioni nella traduzione di Valentina Marconi. È un libro davvero bellissimo, che si legge quasi come un romanzo, consigliatissimo a tutti coloro che amano gli animali e i grandi esperimenti scientifici. Non è un saggio tecnico, quindi è alla portata di tutti. Mi sono divertito molto a leggerlo e a scriverne una breve recensione per La Lettura del “Corriere della Sera” in edicola da domenica 20 marzo.

Il link
Questa storia vi ha incuriosito? Bene, allora potete ascoltarla mentre la racconta Giacomo, divulgatore scientifico del canale YouTube Entropy For Life. Qui il link e buon ascolto.