Un’epoca senza nome
Diamo nomi alle cose per comprenderle. Anzi, per prima cosa diamo nomi alle cose per riconoscerle. Un animale da allevamento, destinato al macello, non ha nome. Una pianta che viene bruciata insieme a migliaia di altri esemplari durante un rogo doloso non ha nome. Un nome identifica. Un nome distingue. Anche la nostra epoca non ha ancora un nome definito, sebbene per molti siamo ormai in quello che viene definito Antropocene.
Nel corso degli anni numerosi scienziati e intellettuali hanno avanzato altre proposte. Come chiamiamo quest’epoca? Novacene? Pirocene? Chthulucene? Le proposte sono numerose, ed è possibile che ce ne saranno altre nei prossimi anni. Cerchiamo in tutti i modi di definire quest’epoca perché è un’epoca complicata, di crisi. Non siamo ancora riusciti a trovarle un nome, figuriamoci capirla sul serio.
“Capitalocene” di Silvio Valpreda
Qualche anno fa Jason W. Moore, storico dell’ambiente e docente di economia politica a Binghamton, ha fatto una nuova proposta: chiamiamo quest’epoca Capitalocene. Il bersaglio, e il problema, sono piuttosto chiari. Questa è l’epoca definita dal Capitale, dalle sue filiere globali, dalle sue ripercussioni su persone, animali, territori e risorse planetarie.
Moore ha scritto un libro, pubblicato anche in Italia da ombre corte: Antropocene o Capitalocene? (qui la scheda). In queste settimane è arrivato in libreria un testo che discute le tesi di quel libro e spiega il significato del termine Capitalocene in modo originale e ficcante. Si tratta di Capitalocene. Appunti da una nuova era. Serengeti, Scozia, Norvegia, Miami, Tokyo, Lavezzi (pubblicato da add editore, qui la scheda). L’autore, esperto di design industriale e arte visuale, ha concepito un diario di viaggio nel mondo trasformato dal capitalismo.
Ne ho scritto su La Lettura del Corriere della Sera del 24 maggio. Il libro è accattivante e preciso. Ogni pagina contiene uno schema, una sorta di infografica corredata di note che racconta l’economia del Serengeti o la speculazione edilizia di Tokyo. Poche volte mi è capitato di leggere un libro dalla forma così particolare. Non si può dire però che il libro non colga il punto. Valpreda è riuscito a rendere visuale ciò che spesso rimane nascosto. Ve ne consiglio la lettura.
Il link
Vi consiglio di dare un’occhiata al libro sfogliandolo (qui sotto). Avrete modo di capire meglio come è stato realizzato e che tipo di contenuti veicoli. Attenzione: vi potrebbe venire voglia di comprarlo! ^^
Complimenti per il blog che ho appena scoperto. Veramente molto interessante.
"Mi piace""Mi piace"
Grazie mille, Marco! 🙂
"Mi piace""Mi piace"