Il nodo dell’immunità
Conosciamo da poco il nuovo coronavirus Sars-coV-2, responsabile della pandemia in corso. A virologi ed epidemiologi servono tempo e dati precisi per poter dire qualcosa di più su questa nuova forma virale. Uno dei nodi che non siamo ancora riusciti a sciogliere riguarda l’immunità. In particolare, non sappiamo rispondere a questa domanda: un paziente guarito è protetto da una nuova infezione?
Si tratta di un dettaglio di cruciale importanza, soprattutto se guardiamo al futuro. Il vaccino è ancora lontano (sempre che arrivi), per cui sarebbe utilissimo sapere se una persona che ha contratto il virus e poi ha superato la malattia è al sicuro da una nuova infezione oppure no. È importante saperlo, soprattutto ora che si sta avvicinando una nuova fase delle restrizioni.
Sappiamo troppo poco
La risposta è concisa: per ora non abbiamo abbastanza dati per dire con sicurezza se il nostro sistema immunitario risponde a un’infezione da Sars-coV-2 rendendo immune l’organismo, come avviene per altre malattie virali. Non sappiamo se siamo in grado di produrre gli anticorpi necessari affinché il nostro corpo si “ricordi” dell’infezione e sappia attivare tutti i meccanismi di difesa necessari in caso di una nuova infezione. Inoltre, sarebbe utile capire se l’immunità sia durevole o meno.
Insomma, sappiamo poco e c’è ancora molta confusione, soprattutto oggi che si parla di test sierologici. Che cosa sono? A che cosa serviranno? Sono una cosa diversa dai tamponi? A tutte queste domande ho cercato di rispondere in un articolo che oggi Esquire Italia ha pubblicato online. Nel pezzo faccio il punto sulla situazione in cui ci troviamo e sulle domande che attanagliano virologi ed epidemiologi. Come ho già detto, sappiamo poco. Quindi, servirà ancora tempo.
Il link
Potete leggere l’articolo a questo link.
Buona lettura!