Un’estate di fuoco
Dopo una breve parentesi vacanziera sono tornato, come cantavano gli Aerosmith qualche anno fa, in the saddle again. Se per me sono state tre settimane piuttosto riposanti, caratterizzate da letture leggere e dedicate per lo più al mondo piratesco (qualcuno ha detto Sandokan?), per altri, il nostro pianeta principalmente, è stato un agosto di fuoco, è proprio il caso di dirlo.
Il governo giallo-verde (che, diciamolo pure, di verde aveva ben poco) è caduto, abbattuto da un harakiri politico e ben poco lungimirante di Matteo Salvini a cui gli analisti faticano ancora a trovare un senso. Poco male, vista la deriva che stava prendendo il Paese. Spero che il nuovo esecutivo possa mettere sul proprio tavolo di lavoro i veri temi caldi della nostra epoca e affrontare i problemi che il precedente ha gonfiato a dismisura (si legga: immigrazione; si legga: rapporti con l’Unione Europea) con approcci degni di un paese democratico che, come da Costituzione, «garantisce i diritti inviolabili dell’uomo» (art. 2) e mira costruire un futuro di cooperazione con i vicini stati europei.
Crisi climatica senza precedenti
Quali sono i veri temi caldi? Be’, se c’è una cosa che il 2019 ha mostrato a livello globale è che il nostro caro pianeta è nel pieno di una crisi climatica senza precedenti, esasperata dal proliferare di governi che se ne infischiano dell’ambiente, della tutela delle risorse naturali e del rapporto strettissimo che lega la nostra società all’ambiente (socio-ambientale, come dice un celebre adagio, si scrive tutto attaccato). Ambiente dunque, ma soprattutto transizione energetica, politiche e accordi internazionali vincolanti per quanto riguarda le emissioni e, ovviamente (ma è sempre bene ribadirlo) istruzione, sensibilizzazione ed educazione al rischio. Su Linkiesta Giuseppe Civati ha stilato alcuni punti fondamentali che vanno affrontati subito, qui il link.
Numerosi sono gli eventi estivi che hanno catturato l’attenzione del mondo come non accadeva da anni. Dopo l’avvento di Greta, è stato il Brasile del presidente Bolsonaro a finire sotto gli occhi di tutti (non c’è limite al peggio, anche dopo Trump). Diverse aree forestali dello stato sudamericano bruciano, compresa la foresta Amazzonica. Il Guardian paragona i fuochi estivi brasiliani, l’83% in più rispetto al 2018, come la testimonianza più evidente della nostra lust for excess (qui). Su Internazionale Stefano Liberti traccia un disegno ampio e preoccupante, già illustrato nel suo bel documentario Soyalism (2019, qui il trailer), che lega i roghi delle aree forestali alle monoculture di soia e alla sempre maggiore richiesta di carne di un mondo che ogni anno ospita 400 milioni di bocche da sfamare in più.
Incidente nucleare a nord
In Islanda è stato celebrato, per la prima volta nella storia, un funerale a un ghiacciaio, l’Okjokull, scomparso per sempre a causa del riscaldamento globale. Una targa ricorderà a chi verrà dopo di noi questo giorno infausto. Chissà se quel giorno arriverà, o metteremo fine alla nostra breve permanenza sulla Terra molto prima! Difatti, nelle propaggini estreme della Russia del nord si è verificato lo scorso 8 agosto un misterioso incidente di natura nucleare (e militare). La reticenza delle autorità russe nello spiegare al mondo che cosa è successo tanto a nord ci ricorda due cose: primo, giocherellare col nucleare non è quasi mai una buona idea (anche se l’Iran se ne infischia e riprenderà il suo programma dopo l’uscita dall’accordo voluto da Obama, qui); secondo, la Russia di Putin avrebbe forse bisogno di un nuovo influsso di glasnost’, perché la cortina che si vede da qui e che ricopre molto dell’agire a Mosca e dintorni è ancora bella scura.
Un settembre dedicato alle foreste
Data la tragica emergenza brasiliana che, in fondo, altro non è se una parte della ben più ampia crisi degli ecosistemi forestali mondiali, ho deciso che il mese di settembre sarà dedicato alle foreste e ai boschi del mondo e al periodo nero che stanno passando. Condividerò notizie, approfondimenti, immagini e, ovviamente, consigli di lettura. Bruci la foresta (#brucilaforesta) è la frase che caratterizzerà le prossime settimane qui e sui social de La Linea Laterale. Bruci per fare posto a monoculture, bruci perché non ci importa che cosa comporta, bruci perché tanto questo pianeta è nostro e possiamo farne ciò che vogliamo… vogliamo davvero che siano questi i nostri slogan?
Negli ultimi tempi ho pensato spesso al concetto di speranza. Alcune volte la speranza è una brutta bestia: blocca mani e piedi peggio delle catene. Non aspettiamo l’arrivo della speranza, dell’intervento divino, ma rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo per migliorare la situazione, sostengono alcuni. Concordo con questa visione… anche se, nel profondo, ho sempre bisogno di vedere una lucina brillare in fondo al tunnel. E, in questo caso, la lucina scaturisce proprio dall’impegno di qualcuno. A fine luglio in Etiopia sono stati piantati circa 350 milioni di alberi in circa dodici ore (qui). E, forse, un nuovo vaccino sperimentale per l’Ebola (qui) potrebbe aiutare ad arrestare la drammatica epidemia che ancora miete vittime in Repubblica Democratica del Congo.
Rimbocchiamoci le maniche (e buon rientro a tutti).