Mako #1 – Wishlist

Guardo fuori dalla finestra e vedo niente. Questo paesotto è niente, perché non dà più niente alla propria gente. O forse è accaduto il contrario. Perfino gli orti hanno smesso di essere orti, privi come sono di attenzioni e di ordine contadino. Hanno permesso che il caos e le infestanti se li prendessero uno dopo l’altro; tutti qui hanno lasciato che il fuori ritornasse selvatico, incolto. Cascine diroccate e cortili deserti. Nemmeno i cani scorrazzano e da quando sono arrivato, un’ora fa, non ho adocchiato nemmeno l’ombra di un gatto.

Dentro, alle mie spalle, la plastica regna. Gli scaffali pullulano di figurini. Ma nessuno qui dentro li chiama così, né Maria né Daniele. Sono i loro bambini, i loro mecha. Qui un AT-AT imperiale è alla ricerca della feccia ribelle dall’alto del suo piedistallo da esposizione, là c’è la vetrinetta giapponese – coi colossi di Evangelion, i robot multicolori di Gundam, le creazioni fantascientifiche di Gō Nagai –, il pavimento è ingombro di Transformers, Zords, esoscheletri, armature potenziate, Space Marine e incrociatori stellari dai ponti irti di cannoni laser. Daniele snocciola nomi e indica statuette dal suo trono, il divano rosso che accoglie i suoi duecentodieci chilogrammi e sul quale, da un paio d’anni ormai, dorme ogni notte.

Evito un paio di soldati spaziali in uniforme rossa alti mezzo metro e avvicino Maria in cucina. La ragazza sta sbirciando dentro al forno. Non era necessario, dico. Lei ride – una risata aspirata che ricorda il risucchio di un lavandino. Non mi è costato nulla, dice, ho preso tutto su Amazon. Una torta, su Amazon? Sì, bisogna soltanto riscaldarla. Ho smesso di cucinare un anno fa, dice lisciando il suo grembiule. In effetti, la stoffa bianca non è macchiata né schizzata, pare nuova. Dice: a proposito di Amazon, dobbiamo aggiornare la wishlist. Ci stavamo dimenticando! Mi conduce nuovamente in salotto, nuovamente in mezzo alla parata confusa di modellini.

«Amore, la wishlist?».

Daniele si ficca in bocca una manciata di patatine alla cipolla e butta per terra il sacchetto vuoto. Si sporge dal divano quel tanto che la sua mole elefantiaca permette e afferra la tastiera poggiata sul tavolino da caffè. Mi avvicino e vedo che, al contrario del grembiule della moglie, la tastiera è sporca: la ricopre uno strato di incrostazione di incerta provenienza.

Dunque, dice Daniele, che cosa ci manca? Maria estrae un foglietto dalla tasca posteriore dei jeans e attacca a leggere. Tre pacchi di BlueJally all’anice da un chilo ciascuno, le gommose allo zenzero (dovrebbero essere in offerta), poi prendiamo il solito assortimento di pasta, i sughi Misigai, la salsa di soia, cinque pacchi grandi di Oreo, cinque pacchi grandi di OreoSpecial, due crostate precotte – una ai mirtilli, l’altra alle fragole, c’è il tre per due di RiceMice quindi prendine una decina di confezioni, le Golia, le Mentos, la Canonica di verdure, il prosciutto crudo, il prosciutto cotto, la mortadella (sì, sempre un chilo), il salame cotto e prendi cinque confezioni di Sofficini. Poi manca la carta igienica e la carta da cucina. Tre confezioni di hosomaki. Mi servono delle scarpe nuove. Ah, che stupida, dimenticavo la fornitura di pane e di grissini mensile (eh, già, è finito anche gennaio!). Poi dieci vaschette di gelato; sì, per i gusti lascia che faccia lui come l’ultima volta. Ah, ancora una cosa: due pacchi di aspirine, le tue pastiglie per la pressione e i preservativi (normali, mi raccomando).

«Amore!» esplode Daniele.

Oh, scusa, sospira Maria con le orecchie rosse. Mi dice: non siamo abituati ad avere estranei in casa. Mi ero quasi scordata di lei! Io gesticolo con la destra come a dire che l’imbarazzo non mi tocca; anche se, è ovvio, la mia fantasia sta valutando quale posizione sia la preferita dei due, considerando la mole di lui e i numerosi ingombri delicati che affollano l’intera casa e impediscono, per dire, di farlo sul pavimento. Poi mi ricordo che lui quasi non si muove dal divano e quindi faccio due più due: lei si gli sale sopra e lo scopa. Il rumore di tutto quell’adipe scopato deve essere qualcosa che non si dimentica. Guardo il mecha che ho di fianco, uno Space Marine: la sua espressione marziale mi rivela che nulla di quanto accade là dentro uscirà dalla sua bocca d’acciaio. Semper fidelis.

«Amore, gli facciamo vedere la SW?».

SW? La special wishlist, spiega Daniele. Dico: fermi tutti. E questa cos’era? Maria ride e di nuovo gorgoglia. Quella è la spesa, dice. Daniele pare eccitato all’idea di mostrarmi la special. Crea una minuscola nicchia accanto a lui e mi dice di sedermi. Digita sulla tastiera e davanti a noi appare la schermata dorata di una nuova wishlist. Per adesso, dice Daniel, abbiamo in lista un Iron Man alto 33 centimetri con armatura sonora, una dozzina di action figure dei personaggi della DC e una lampada da salotto a forma di Xenomorfo. Il prezzo complessivo del carrello, a lato, è stratosferico. Maria, seduta sul bracciolo del divano, batte forte le mani e dice: Amore, ci sarebbe anche quella cosa. Che cosa? fa lui. Quella cosa.

Guardo gli occhi di Daniele. Si illuminano. Hai ragione, dice. Batte sui tasti. Ora che sono seduto qui, accanto a lui, sento il suo respiro. È pesante: quando espira produce un fischio sommesso che sa di pneumatico bucato. Adesso sorride, e adocchia sua moglie con gli occhi di un bambino goloso. Maria batte per terra i piccoli piedini e applaude di nuovo. Amore, dice, quest’anno non ce la facciamo scappare. Guardo lo schermo: la Morte Nera in mattoncini Lego 3.0. Diciottomila mattoncini. Supporto con targa dedicata e numero di serie. La confezione comprende cento piccoli personaggi. Costo: un anno del mio stipendio.

Maria si alza, con uno slalom d’esperienza evita i cannoni al plasma di un paio di statuette e si siede sulla coscia immensa del marito. Gli passa un braccio dietro la testa e lo guarda con amore. Altro non è. È amore. Quei due, lì dentro, si amano. Lui non dorme con lei da due anni, lei ha smesso di uscire per fare la spesa. Ora che li sto fissando, ora che sembrano ignari della mia presenza, mi accorgo del colorito della loro pelle: blando, diafano. Chissà da quanto tempo non vedono il mare. Penso che se lui dovesse crepare stasera la sua salma non passerebbe attraverso la porta d’ingresso.

Bisbigli.

«Vogliamo che sia tu a farlo» dice Daniele. Che cosa? Che cosa dovrei fare?

Maria s’alza, raccoglie un piccolo telecomando dal tavolino e me lo porge. Che cos’è? È il nostro telecomando bancario, dice Maria. Daniele batte un paio di volte sulla tastiera e spedisce la Morte Nera nel carrello della special wishlist. Avanti, dice. 568721. Poi premi il tasto verde. Che genere di esplosione innescherà il codice? Quali meccaniche? Quali sfruttamenti? Quali incidenti? Penso che una volta coi bottoni minacciavano di distruggere il mondo. Io digito il codice, dico, e voi comprate tutta quella roba? Sì, dicono loro in coro. Il risucchio della risata di lei e il respiro fischiato di lui, fattosi ora più intenso per l’eccitazione, impediscono alla coppia di sentire l’abbaiare di un cane.

È un suono lontano, lontanissimo, fuori di lì.

Un pensiero riguardo “Mako #1 – Wishlist

  1. Wow. Spettacolo ❤
    Un racconto tuo, immagino… ma era inserito in una cornice, un concorso a tema, che so io… o è uscito semplicemente così? 🙂

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