Intervista a Morten Strøksnes

Morten A. Strøksnes è seduto a un tavolino. Il giardino dell’hotel è una foresta tropicale in miniatura, piena di palme e di piante esotiche. Ci sono seggiole di vimini e piccoli gazebo. Lo scrittore e giornalista norvegese sta fissando il vuoto quando lo raggiungo. Ha gli occhi azzurri e il fisico asciutto; il fisico di un viaggiatore, penso mentre mi stringe la mano, o di un pescatore.

Inizio con una confessione. Sono selacofobico. Gli squali mi fanno paura, dico. Però mi attraggono, mi affascinano. In più, sono un biologo. Per questo motivo la mia esitazione è durata meno di un secondo quando ho visto la copertina del suo ultimo, grande successo (Il libro del mare, edito da Iperborea in Italia; tradotto da Francesco Felici, copertina di Alessandro Gottardo). Dovevo leggerlo.

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Il libro (fantastico) e la copertina (fantastica). Foto di Iperborea (casa editrice che non sbaglia un colpo quando si tratta di pubblicare nature-writing…).

Morten ride. In modo sommesso, però. Parla a voce bassa, come se fosse fuori a pesca.

La tensione che provi è normale. Il mare è un grande stimolo per l’immaginazione umana. Puoi percepirlo in molti modi. È fonte di mitologie e scritti, ma al tempo stesso è assai concreto: ricopre oltre il 70% della superficie terrestre. Puoi esplorarne una fetta consistente, ma parte di esso non è visibile. Il mare riguarda il conscio e l’inconscio.

Gli chiedo che cosa ne pensa degli squali e del fatto che non sono poi così pericolosi.

Credo sia un paradosso. Credo che sia nella nostra natura avere paura di loro, perché sono animali che stanno sopra di noi nella catena alimentare e perché sono predatori. Nella realtà non sono pericolosi. Noi oggi ne uccidiamo ogni anno milioni di esemplari, ma li temiamo comunque perché per lungo tempo siamo stati prede. Inoltre, credo che siamo spaventati dal fatto che questi animali non hanno affatto paura di noi. Pochi animali sono così orgogliosi di fronte agli esseri umani. Di recente sono stato nel Borneo; laggiù provavo molta paura per i coccodrilli. Sono in grado di catturarti, di portarti nella loro tana e di divorare ogni tua parte. Brrr.

Insisto sui predatori marini che tanto mi spaventano. Gli chiedo dello squalo della Groenlandia (Somniosus microcephalus), protagonista indiscusso del suo ultimo libro.

Immagine Squalo della Groenlandia (Hugo Aasjord)
Un quadro dipinto da Hugo Aasjord, artista e pescatore amico di Morten. Lo scrittore norvegese mi ha confessato che ora questo quadro è suo, lo ha appeso in salotto.

Può vivere tantissimi anni. Fino a cinquecento. È straordinario. Un animale che gli scienziati considerano molto interessante. Ed è anche misterioso, per cui era un buon soggetto per un libro. Sappiamo ancora poco di questa specie. Anni fa, come ho scritto, c’era un interesse economico per questi squali. Ora non più.

Libri e film sono in qualche modo colpevoli? Chiedo a Morten se alcune opere, secondo lui, hanno rovinato la reputazione e l’immagine degli squali.

In parte sì. Da una parte c’è il cucciolo di panda e dall’altra ci sono gli squali. Sono distanti anni luce. Libri, televisione e film sfruttano il timore che essi incutono, facendo di questi animali dei fenomeni da baraccone.

Gli domando se attraverso Il libro del mare sta cercando di salvare qualcosa. Le comunità di pescatori delle Lofoten (nel nord della Norvegia), per esempio.

Forse. Ci sono aspetti di quelle culture che non si trovano nei libri. Si tratta di saperi importanti, che andrebbero preservati. Se perderemo conoscenze tradizionali sul mare e sulla pesca, gli oceani saranno preda dello sfruttamento intensivo e diventeranno una cosa che puoi prendere senza pensare alle conseguenze. Quelle comunità conoscono le connessioni. Specialmente i pescatori, perché vivono il mare da migliaia di anni.

E Hugo? Chiedo a Morten se al suo amico artista e pescatore (forse il vero protagonista del libro) il testo è piaciuto.

Sì, gli è piaciuto molto.

Gli chiedo se dovremmo leggere di più il mare.

Non sta a me dire che cosa dovrebbero fare le persone. Ma il mare è talmente vasto… è l’elemento più importante per la sopravvivenza di moltissime specie, inclusi noi. Ossigeno e gas serra vengono, in larga parte, prodotti dal mare. Le estinzioni di massa del passato sono avvenute sopratutto nelle profondità degli oceani. Purtroppo oggi la situazione è preoccupante, in particolare se guardiamo alla chimica del mare.

È tempo della mia seconda confessione. Dico a Morten che durante la lettura io tifavo per lo squalo della Groenlandia. Speravo che riuscisse a farla franca, che non finisse preso all’amo.

[Morten ride di nuovo].

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Morten nel Vestfjorden (Norvegia).

Gli chiedo delle immersioni. Nonostante nel libro ne descriva soltanto una, questa risulta fondamentale per le dinamiche della storia e per ciò che questo testo insegna. Gli dico che non mi sono mai immerso. Com’è, là sotto?

Ho fatto moltissime immersioni. Là sotto vedi il mondo da una prospettiva nuova, subacquea. Noi solitamente ne guardiamo la superficie, ma in profondità ci sono foreste e montagne. Le persone, in genere, non conoscono bene questi aspetti del mare. Sulla terraferma cammini (o voli, al massimo); nel mare, invece, se non sei a grande profondità, tutto lo spazio è connesso. Molte creature non vivono sul fondale, ma spaziano nel blu.

Gli chiedo se la pesca insegna qualcosa sul fallimento.

Forse.

Gli domando come se la passino i mari norvegesi.

La situazione attuale è questa: la pesca tradizionale è molto buona, ma i fiordi stanno soffrendo, specialmente per l’allevamento intensivo di salmoni. Il governo sta lasciando fare, nonostante i tassi di inquinamento di questa pratica siano molto alti e ci siano conseguenze negative per gli ecosistemi marini. Questo è un grave problema. Inoltre, vogliono iniziare a estrarre petrolio in alcune zone. Ma io non punto il dito, perché secondo me non serve. Al contrario, io tento di far sentire i problemi al lettore. Di recente sono stato in Liguria con la mia famiglia. A Imperia sono rimasto sorpreso della quantità di plastica presente sulle spiagge. E spesso il problema è peggiore, perché è la plastica che non si vede – la cosiddetta microplastica – a costituire un grave problema. Soprattutto per i predatori, dato che questi minuscoli frammenti si accumulano lungo la catena alimentare.

Il problema della microplastica è drammatico. Ne parla in modo molto interessante Alan Weisman nel suo famoso saggio Il mondo senza di noi (Einaudi, 2010). Di recente se ne sta occupando anche Greenpeace nel Mediterraneo (qui è possibile scaricare il reportage Un Mediterraneo di plastica, mentre qui è possibile vedere le foto di una bella azione degli attivisti a Camogli).

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Un albatros morto e la plastica al suo interno. Foto di Chris Jordan/Greenpeace Australia. No, purtroppo non è un fotomontaggio o un falso…

Stiamo finendo, per cui gli chiedo di raccontarmi come è stato scrivere questo libro.

Lungo. Ed è stata dura. Ho impiegato tre anni per scriverlo.

In seguito a questa intervista, ho pubblicato su Il Tascabile un articolo intitolato A caccia di squali (qui), in cui ho tentato di fare il punto sulla rappresentazione artistica dei predatori marini. Ho posto l’accento sul fatto che la visione di Morten sia forse quella di cui abbiamo bisogno oggi, perché non è nè hollywoodiana (ciao ciao, Spielberg) nè ingenuamente sentimentale. Lo ha ripetuto più volte durante la nostra bella intervista.

Non sono sentimentale nei confronti del mare, e non sono sentimentale quando parlo dello squalo della Groenlandia. Insomma, vive nell’oscurità più totale e ha dei vermi che penzolano dai bulbi oculari…

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Il selacofobico e lo scrittore norvegese.

Grazie Morten!

E mille grazie a Iperborea. Grazie a Francesca Gerosa e a Silvio Bernardi!

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